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Archive for the ‘Parlamento Europeo’ Category

Fonte:  minareti.it

(04 marzo 2011)

“La politica della paura nei confronti dell’Islam si può vincere”. Questa la buona notizia con cui Giancarlo Bosetti, direttore di Reset DOC, ha introdotto la presentazione del libro di Stefano Allievi “La guerra delle moschee. L’Europa e la sfida del pluralismo religioso” nello scenario della sala conferenze del Centro Studi Americani il 3 marzo.  Stefano Allievi, sociologo delle religioni che da un quarto di secolo si occupa di studi sulle comunità musulmane in Occidente, spiega come l’idea della ricerca, i cui risultati sono esposti nel volume edito nella collana I libri di Reset – Marsilio, sia nata dalla “constatazione che oggi si assiste a dei problemi con le moschee anche nei paesi in cui tradizionalmente non ci sono state questioni con la presenza musulmana, come ad esempio l’Austria”. L’Austria infatti è un paese nel quale la comunità islamica è una comunità riconosciuta e in cui la religione islamica è insegnata anche nelle scuole. Eppure, proprio questo paese ha addirittura preceduto la Svizzera – sebbene la notizia non abbia avuto la stessa risonanza mediatica – nel vietare la costruzione di minareti in due delle sue regioni, la Carinzia e il Voralrberg. Dalla ricerca portata avanti nella stragrande maggioranza dei paesi europei, Allievi e il team di collaboratori hanno riscontrato un numero di luoghi di preghiera islamici comparabile a quello delle altre religioni. “Possiamo dire che la libertà religiosa è grossomodo garantita in Europa – ha dichiarato il sociologo -. Tuttavia bisogna notare come le strutture in questione siano precarie e come ci sia sempre più spesso qualcuno che metta in discussione questa libertà”.  Allievi ha voluto indirizzare l’attenzione del pubblico su alcuni fattori preoccupanti in questa “guerra delle moschee”: l’uso di modalità simboliche spesso molto forti (spesse volte collegate alla presenza di maiali – animale la cui carne è considerata haram dai musulmani – per desacralizzare il suolo della moschea); il ritorno delle categorie di purità e impurità nel discorso politico; e quello che il sociologo chiama “l’eccezionalismo islamico” che spinge la società a vedere l’Islam e i suoi fedeli come una realtà con la quale bisogna interagire in maniera particolare e prevedere leggi nuove.  All’introduzione dell’autore del libro hanno fatto seguito gli interventi di tre musulmani. Khalid Chaouki, direttore di Minareti.it, ha calato nel concreto della vita interna della comunità musulmana italiana il bisogno di ripensare sia la figura dell’imam che quella del luogo “moschea”. “Noi musulmani – ha commentato Chaouki – dobbiamo confrontarci oggi con il nostro passato ma dobbiamo anche capire come pensare una moschea italiana con nuovi criteri”. Anche Alessandro Paolantoni, segretario dell’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia UCOII e rappresentante della moschea al-Huda di Roma si è pronunciato sulla questione moschea: “Per la comunità islamica non è una priorità avere una cupola o un minareto. E’ più urgente fare emergere delle moschee in luoghi che siano dignitosi, sul piano stradale e facilmente raggiungibili affinché questi luoghi favoriscano anche la frequentazione dei non musulmani”. Presenti al dibattito anche Mario Scialoja del consiglio di amministrazione della Grande Moschea di Roma e Massimo Rosati, docente di sociologia delle  religioni presso l’Università di Tor Vergata.  Come presidente del comitato scientifico di Reset DOC ha partecipato alla discussione Giuliano Amato che ha tirato le fila del dibattito. “C’è una politica attiva di integrazione da realizzare e per portarla avanti bisogna sgomberare il campo dai problemi fasulli e concentrarsi sull’adattamento reciproco che richiede un lavoro comune”.  Insomma, minareto sì o minareto no? Per i relatori presenti ieri il quesito non è fondamentale. Ma il fatto che venga posto la dice lunga sulla nostra società e sui veri problemi alla base delle relazioni con questa “eccezione islamica”.

Su Radio Radicale l’audio della conferenza (e’ molto interessante e vi consiglio di ascoltarla)

Nel post intitolato “Jean Jaques Jihad” si analizza il rapporto fra Islam e ideologie politiche di sinistra;  la nascita dell’ UCOII mi sembra un esempio lampante a conferma di  questa tesi. Da Wikipedia: l’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia nasce dalla fusione di diverse componenti, tra cui quella siriana e palestinese degli ex studenti dell’Unione degli Studenti Musulmani in Italia (USMI) assieme ad altri dirigenti provenienti da diverse esperienze, come ad esempio quella delle donne musulmane del collettivo Islam donne o quella di Hamza Roberto Piccardo, ex militante di Autonomia Operaia convertito alla religione islamica oltre vent’anni fa, attuale direttore della casa editrice Libreriaislamica.it. Inizialmente la presidenza è stata assunta da Nour Dachan,molti anni fa leader della componente siriana dei Fratelli Musulmani, e la segreteria da Ali Abu Shwaima, leader di quella palestinese; successivamente tale carica è passata a Roberto Piccardo. Qualche mese fa si e aperto un dibattito nelle moschee UCOII sul nuovo ruolo dell Associazione sul suo impegno sociale sindacale e chissa’ anche politico e sui problemi piu scottanti della comunita islamica . Fra le moschee della UCOII numerose sono quelle i cui dirigenti in qualche modo si ispirano all’ideologia dei Fratelli Musulmani, e per tali legami l’associazione è stata aspramente contestata. A sua volta l’associazione sostiene che tale legame è limitato alla militanza di alcuni suoi dirigenti nei rispettivi paesi d’origine, in periodi ormai remoti nel tempo, e che l’UCOII attuale fa piuttosto riferimento al Consiglio Europeo della Fatwa (organismo che è a sua volta accusato di essere vicino ai Fratelli Musulmani) e a sapienti, come il Mufti d’Egitto Ali Goma, all’Islam europeo, a Tariq Ramadan, alle elaborazioni delle femministe islamiche, agli scritti degli affiliati italiani e al lavoro giovanile e studentesco.

 

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Fonte: National Review : “Rally ’Round the Multi-Culti Flag, Boys”

Rally ‘Round The Flag Syndrome is a concept used in political science and international relations to explain increased short run popular support of the President of the United States during periods of crisis or war. [1]Because Rally ‘Round The Flag syndrome reduces criticism of governmental policies, it is seen as a factor of Diversionary Foreign Policy. (Wikipedia)

In Hollywood we have a saying: “We’ve seen this movie before.” I realize you civilians have the same saying, but when we say it, it has an added ring of authority because we are Industry professionals and you are the fannies in the seats. Still, when you get right down to it, maybe we have all seen this movie before. Let’s call it No Way Out II: This Time, It’s Really, Really Personal. In that movie — itself a re-imagining of The Big Clock, which was more or less about Henry Luce and Time Magazine, although nobody ever admitted it — Kevin Costner played a Russian mole inside the Pentagon, madly burrowing and beetling away as, in the guise of a home-grown naval officer, he seduces the Secretary of Defense’s mistress and steals Amerikkka’s defense secrets. Costner’s Tom Farrell is a character in that great tradition of American heels: the “friend” who’s busy both hollowing you out and selling you out, fitting you for the noose as he pretends to take the measurements for your inseam.  Which brings me to that amazing social equalizer, wealth-spreader, and building-destroyer: multiculturalism, which has been responsible for every cultural advancement and falafel stand north of the Mediterranean since Charles Martel and El Cid fought Osama bin Laden and his Andalusian Moors at the gates of Vienna and thus gave the Western world coffee and croissants. I mean, without multiculturalism, where would we eat?

And yet now you seem to be figuring out the scam. I’m sensing the beginning of a counter-revolution here and I don’t like it one bit. First you wingnuts get some of your “undercover” minions to entrap perfectly innocent Planned Parenthood patriots — people selflessly dedicated to Margaret Sanger’s noble eugenicist vision of a world without the lame, the halt, the blind, the mentally feeble, and the, um, you know, lesser races — and now you’ve got the vast right-wing Euro-conspiracy of Angela Merkel, David Cameron, and Nicolas Sarkozy. I thought we’d long established the constitutional principle that three generations of imbeciles are enough, especially when we’re talking about conservatives, but all of a sudden you’re back up on your hind legs and barking like a seal.  Can it be that the scales are finally falling from your eyes, and that you’re beginning to see us for what we are, and what we’re really up to, which is nothing less than the deconstruction and destruction of your Judeo-Christianist, “Enlightenment,” Adam-Smith/Invisible Hand market-based “civilization” and its replacement with a top-down government of, by, and for the credentialed elites?

No one, not even an imbecile, would willingly vote for such a thing (unless you count us), so we have to dress it up as a feel-good fantasy, a United Colors of Benetton ad in which social justice prevails and all cultures are equal. You can bet there’d be no place in our world for someone like that Nobel Prize winner, Saul Bellow, who was said to have wondered, “Who is the Tolstoy of the Zulus?” Who cares if he never really said that? He might have thought it, and that was good enough for us to try and shut him up. Of course, not even we really believe our own fairy tale — not when we live out here in Hollywoodland in our gated communities with our private security services. For us, multi-culti is just a Trojan horse, the way into the inner sanctum, wherein resides both your constitution and your soul. It’s our Tom Farrell, cementing its nice-guy cover story while raiding the larder. And the best part of it is — up to now, you’ve been helpless against it!

Object to the muezzin’s call in Hamtramck? Racist.

Object to the introduction of sharia law in certain immigrant communities? Racist.

Object to the federally funded teaching of Arabic in some Texas schools as a “language of the future”? Racist.

The genius of it was that any and all opposition could be painted as the crude revanchism of a bunch of inbred, stump-toothed reactionaries, congenitally opposed to any kind of change. And you know how we feel about change! Change is always good, especially when it comes to changing you. And if change is good, well then, fundamental change is even better. Now, alas, you’re beginning to understand what this “fundamental change” mantra was all about, and our only hope is that it’s too late and you’re too stupid to do anything about it. It’s hard for us to accept that you’ve finally twigged to us — after all, you still have prize Stupid Party ex-members in your ranks, ready to detonate their congressional careers like a suicide bomber. Fifty years of philosophical toxicity and unrelenting propaganda has done its work, and you’re like Edmond O’Brien at the beginning of D.O.A., or like Hailee Steinfeld at the end of the Coens’ True Grit: snake-bit, poisoned, and set to lose your arm if not your life. Like my favorite literary “villain” (next to Iago, of course), Ellsworth Toohey of The Fountainhead, we have posed as your friends for lo these many years. We have “upheld” your Constitution even as we have sapped it; stripped it of its meaning even as we have “interpreted” it; trashed it even as we have exalted it.  As far as “Western Civ” goes, Hussein’s camel’s nose is long since under the tent, and even potential offensiveness can no longer by tolerated by the Tolerant Left: say good-bye not only to your “founding fathers,” but to Mozart and The Magic Flute, to Mark Twain and Huckleberry Finn, to Birth of a Nation and Gone With the Wind. To The Wind and the Lion. To Zulu and Khartoum. In other words, celebrate diversity by getting rid of it! As they say in another of my favorite movies, Highlander, “There can be only one.” Of course, that flick was about terminal beheadings. Which has absolutely nothing whatsoever to do with our current multicultural conversation.

Right?

— Unlike you lot, David Kahane welcomes the New World Order, whatever it turns out to be. You can share your angst at kahanenro@gmail.com or your schadenfreude on Facebook; just look for Rules for Radical Conservatives and get with the program, or else.

 

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Forse arrivo tardi (ero a Boston in questi giorni) e la notizia e’ gia’ sparita dai maggiori quotidiani italiani, forse davvero non se e’ parlato abbastanza ma l’intervento del premier inglese David Cameron alla Munich Security Conference (MSC) 2011 ancora occupa le prime pagine dei giornali internazionali. Mi intristisco nel vedere la nostra “stampa” sempre meno interessata alla politica estera e sempre piuttosto celere, approssimativa e di parte nell’affrontare tematiche di pressante attualita’ come quella dei limiti e addirittura del “fallimento” del multiculturalismo europeo, come hanno decretato sia Angela Merkel che appunto,  David Cameron.  In Italia pare sia tabu’ parlare di questi temi; forse perche’ c’e’ di mezzo il Vaticano, forse perche’ si tratta di un tema estremamente delicato che contrappone due fazioni politiche opposte ed estreme nella loro retorica anti e pro immigrazione come la Lega Nord e  il variegato mondo della Sinistra italiana? Forse. Fatto sta’ che gli avvenimenti egiziani e l’apertura di Suleiman al partito di opposizione dei Fratelli Musulmani (atto certamente dovuto) hanno messo in allerta il mondo occidentale (Italia esclusa ovviamente) e a Monaco durante il panel  tenuto dalla Merkel e Cameron dal titolo “Who Would We Be?”– Angela Merkel and David Cameron on Liberal Values and the Riots in Egypt” si e’ integrata la riflessione sui core values occidentali ed il rapporto col mondo islamico anche in previsione degli esiti politici della situazione egiziana;

Il The Telegraph annuncia che Governo Inglese in carica  porra’ fine alle politiche liberiste sin’ora adottate intervenendo pesantemente sui bilanci statali tagliando i fondi per le organizzazioni, le scuole e le istituzioni islamiche che si definiscono “moderate” e aperte all’integrazione ma che  effettivamente non hanno  usato i fondi statali per attuare tali politiche e li hanno anzi utilizzati per promuovere la cultura islamica fomentando in alcuni casi sentimenti anti-occidentali. Questo tipo di politica liberista basata esclusivamente sull’assistenzialismo e l’applicazione rigorosa della “positive discrimination” non ha prodotto i risultati sperati;  cade cosi’ il mito liberista secondo cui il “tempo” e la “prossimita’ ” avrebbero garantito il buon esito dell’integrazione, come aveva fatto notare in diverse occasioni anche la scrittirice somala Ayaane Hirsi Ali. Un altro aspetto preoccupante per i governi europei e’ l’inasprimento dei sentimenti nazionalistici e xenofobi causato proprio dall’applicazione staliniana delle politiche liberiste degli ultimi 20 anni, attraverso le quali i governi europei in nome di quella “Open Society” e di quella “globalizzazione” che mantiene in schiuvitu’ milioni di persone in tutto il mondo ed ha falciato il ceto medio europeo colpendo la piccola e media impresa, hanno imposto ai propri cittadini di contribuire di tasca propria all’ integrazione  di persone che non condividono i nostri valori e spesso anzi,  le sono culturalmente avversi. Questa svolta direi epocale nel discorso di Cameron era piu’ che mai necessaria in questo periodo storico caratterizzato da una crescente instabilita’ nei paesi nord-africani e medio-orientali e dalla cresente minaccia del terrorismo “home grown”;

“David Cameron’s speech today at the Munich Security Conference came as a breath of fresh air after the debacle of Baroness Warsi’s controversial address at Leicester University, which did not carry the endorsement of Downing Street. In contrast to the Conservative Party chairman, Cameron addressed the issue of Islamist terrorism and extremism head on, and delivered a speech that was far more in tune with the views of the British public. Warsi’s crude and condescending depiction of Britain as increasingly a nation of bigots in the grip of “Islamophobia” was hugely out of touch with Middle England and most of her own party. The Prime Minister’s speech was among the most important of his premiership so far, dealing with a subject critical to British national security, as well as the future of Britain as a free nation. It was a powerful condemnation of a deadly Islamist ideology that threatens the very fabric of British society, as well as a wholehearted rejection of “the doctrine of state multiculturalism”. As Cameron noted:

We will not defeat terrorism simply by the action we take outside our borders. Europe needs to wake up to what is happening in our own countries… We have got to get to the root of the problem, and we need to be absolutely clear on where the origins of where these terrorist attacks lie. That is the existence of an ideology, Islamist extremism.

… And if we are to defeat this threat, I believe it is time to turn the page on the failed policies of the past. So first, instead of ignoring this extremist ideology, we – as governments and as societies – have got to confront it, in all its forms. And second, instead of encouraging people to live apart, we need a clear sense of shared national identity that is open to everyone.

A key section of the speech dealt with the need for the British government to distance itself from extremist Muslim groups that claim to be moderate. This is a huge step in the right direction and a major break with some of the failed policies of earlier Labour administrations. In the words of the Prime Minister:

Governments must also be shrewder in dealing with those that, while not violent, are in some cases part of the problem. We need to think much harder about who it’s in the public interest to work with. Some organisations that seek to present themselves as a gateway to the Muslim community are showered with public money despite doing little to combat extremism. As others have observed, this is like turning to a right-wing fascist party to fight a violent white supremacist movement.

So we should properly judge these organisations: do they believe in universal human rights – including for women and people of other faiths? Do they believe in equality of all before the law? Do they believe in democracy and the right of people to elect their own government? Do they encourage integration or separation? These are the sorts of questions we need to ask. Fail these tests and the presumption should be not to engage with organisations – so, no public money, no sharing of platforms with ministers at home.

This was a bold speech by the Prime Minister amidst an increasingly stifling culture of political correctness. The fact it has already been condemned by critics on the Left is a healthy sign that he was absolutely right to give it. David Cameron has thrown down the gauntlet to the Islamists and their apologists. Now it is time for the government to put words into action by completely isolating Islamic extremists, and emphatically defeating the Islamist terrorist threat, both at home and abroad.”

Il discorso di Cameron e’ anche in linea col sentire del governo indiano ed australiano, che sono dello stesso avviso.  Anche il Canada nella figura del suo premier Stephen Harper si e’ consultato col presidente americano Barack Obama lo scorso venerdi’ a Washington,  per parlare  di sicurezza delle frontiere in un momento critico per l’amministrazione Obama. Come ho scritto in varie occasioni uno dei motivi per cui il partito Democratico ha perso milioni di voti alle passate elezioni di medio termine di novembre,  e’ proprio la sua kamikaze politica “zen”, passiva in materia di sicurezza  della frontiera col Messico e la volonta’ di legalizzare milioni di clandestini.  Alla luce della controversa proposta del presidente Obama di consentire la libera circolazione di camion messicani sul suolo americano,  la cosi’ detta trucking dispute,  Harper si e’ precipitato negli Usa per dira la sua e  per  mettere in guardia il presidente Obama sui rischi legati a questa attivita’.  Ogni giorno infatti negli Stati Uniti entrano illegalmente circa 2000 clandestini dalla frontiera messicana. Una volta entrati vengono aiutati dagli “smugglers” delle organizzazioni criminali a proseguire il viaggio verso le citta’ nord americane nascosti in camion e jeep.  Fra i clandestini sono presenti anche persone provenienti da paesi musulmani.  Aprire la frontiera a migliaia di camion messicani renderebbe ancora piu’ complicate le operazioni di “border patrolling”.  L’evento e’ disponibile in questo link: U.S., Canadian Leaders Set to Announce New Border Security Agreement.

Il dibattito sul multiculturalismo rimbalza dall’ Inghilterra alla Germania agli Stati Uniti;  paesi in cui la presenza di culture non legate alla tradizione giudeo-cristiana e’ piu’ forte rispetto all’Italia.

In Germania il libro di Thilo Sarrazin intitolato “Deutschland schafft sich ab: Wie wir unser Land aufs Spiel setzen” che si puo’ tradurre cosi; “La Germania si abolisce: come abbiamo messo il nostro paese a rischio” e’ diventato un best seller in poco tempo ed ha scatenato  un acceso dibattito politico. Prominente banchiere tedesco e membro del partito Social Democratico SPD,  a causa delle sue critiche sul fallimento del multiculturalismo in Germania ha rischiato di perdere il posto di lavoro e di essere espulso dal partito.  Da allora si e’ fatto ancora piu’ vocale nel condannare le politiche liberiste ed il “politically correct” che censura qualunque voce  fuori dalo “coro”;

This worries the uppity guardians of German political correctness, who have tried to silence Sarrazin by getting him removed from the board of the German central bank, the Bundesbank, and expelled from the Social Democratic Party. Infuriated by Sarrazin’s audacity to question the status quo of German multiculturalism, the bulk of Germany’s political and media class has been working overtime to delegitimize Sarrazin as a “racial arsonist.”

L’Hudson Institute of New York ha ospitato un dibattito dal titolo “Germany Debates Muslim Immigration”  focalizzandosi sul caso tedesco.  Tutto e’ cominciato cosi’;

The roots of Germany’s current problems with Muslim immigration can be traced back to October 30, 1961, with the signing of a labor recruitment agreement between West Germany and Turkey. At the time, West Germany’s post-World War II economy was booming and similar treaties with Greece, Italy and Spain were insufficient to supply Germany’s seemingly endless demand for labor. By the end of 1969, more than one million Turkish “guest workers” had arrived in Germany to work in the “host country’s” industrial zones.  The initial idea was that the Turkish labourers would return home after a period of two years, but the so-called “rotation clause” was removed from the German-Turkish treaty in 1964, partly due to pressure from German industry, which did not want to pay the costs of constantly training new workers. The predictable result was that many Turks never returned home. Today, the Turkish population in Germany has mushroomed to an estimated 3.5 million, and Turks now constitute the largest ethnic minority group in the country. Demographers expect that the Turkish population in Germany will increase exponentially in coming decades, largely due to a high birth rate and Germany’s continuing high demand for foreign workers.

E’ indubbio che in futuro un confronto politico serio dovra’ avvenire anche in Italia,  piu’ volte chiamata in causa assieme a Grecia e Malta per via della sua cruciale posizione nel Mediterraneo.

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In migliaia hanno marciato a Brussel per domandare ai partiti politici di formare un nuovo governo di unita’ nazionale di cui il paese e’ sprovvisto da ben 7 mesi.

Thousands of Belgians have staged a protest in Brussels against the seven-month long political impasse that has left the country without a government. Police in the Belgian capital said at least 30,000 protesters of all ages attended the rally, called “Shame: No government, great country”, on Sunday. The protest was originally started by students wanting to see a new government and was soon joined by other protest groups. Simon Vandereecken, one of the protest’s organisers, said:

It’s like for years now we’ve seen our politicians insult each other by press or televisions or things like that. So now, we’d like our politicians to act, to do their job and stop bullshiting each other all the time.”

Belgians have been without a working government since the last national parliamentary elections in June 2010. Since then leaders from the largest parties in French-and Dutch-speaking Belgium have been unable to form a coalition government. While Dutch-speaking lawmakers are pushing for a greater transfer of tax-raising powers and rights to be transmitted to regional governments, the country’s French-speaking politicians fear that could lead to the eventual break-up of the country. Financial markets have also responded to the political stalemate, with Belgium’s public sector debt the third highest in the euro zone in 2009 following that of Greece and Italy. Meanwhile, Belgian’s caretaker government has pledged to devise a budget for the coming year sometime in the next three months.

Fonte: Al Jazeera

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Aumentano le esportazioni di armi in Europa. Nel 2009 sono stati venduti armamenti per la cifra record di 40,3 miliardi, il 20,1 per cento in più (+ 6,6 miliardi) rispetto all’anno precedente. A rivelarlo è il 12esimo Rapporto sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari, pubblicato ieri nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (NOTA: il link alla Gazzetta potete trovarlo in questo sito fra i link sulla destra alla voce Parlamento Europeo) analizzato dallo studioso del disarmo Giorgio Beretta.
Dal rapporto si evince che la Francia, con un totale di introiti pari a 12,7 miliardi, è il maggior esportatore di armi nel continente. L’Italia occupa il secondo posto con un giro d’affari di 6,7 miliardi (erano 5,6 nel 2008). Terzo posto per la Germania (5 miliardi nel 2009), seguita da Regno Unito (3,5 miliardi) e Spagna (3,2 miliardi). In forte crescita anche l’export militare di Austria (oltre 2,2 miliardi; erano 946 milioni nel 2008), Polonia (1,4 miliardi; erano 368 milioni nel 2008), Paesi Bassi (1,3 miliardi) e Svezia (1,1 miliardi), mentre segnano un ribasso quelle del Belgio (1,1 miliardi).
Il 53 per cento degli armamenti esportati dall’Ue è diretto nel Sud del Mondo, con una forte concentrazione nei Paesi del Medio Oriente (9,6 miliardi), verso i quali le esportazioni sono quasi raddoppiate, passando dai 4,9 miliardi del 2008 agli oltre 9,6 miliardi del 2009. Sono invece diminuiti i trasferimenti intercomunitari, passando dai 10,6 miliardi di euro del 2008 ai 9,6 miliardi del 2009. Raddoppiano anche le esportazioni verso i paesi del Nord Africa (da 985 milioni a 2 miliardi) e quasi triplicano quelle verso i paesi del Centro e Sud America (da 807 milioni a 2,3 miliardi).
L’incremento di esportazioni, in Europa, va di pari passo all’incremento delle esportazioni nel mondo. Secondo gli ultimi rapporti Ue, Sipri e Grimmett – analizzati dall’Osservatorio sul commercio delle armi di Ires Toscana – dal 2000 al 2009 la vendita di armi nel mondo ha subìto un incremento di quasi il 50 per cento, raggiungendo un fatturato complessivo di circa 1.500 miliardi nel 2009.
Lo studioso Beretta, poi, spiega che nel rapporto “mancano reporting da parte di Francia, Italia e Svezia delle informazioni sulle esportazioni secondo le 22 categorie di sistemi militari definite dall’Unione: Francia e Italia non hanno fornito i dati sulle consegne suddivisi per ogni singola categoria ma solo i totali delle esportazioni, mentre la Svezia non ha fornito nemmeno quelli relativi alle autorizzazioni (licences)”.

Fonte:  Peace Reporter

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Nonostante il dispiegamento della missione europea Frontex, il confine tra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros continua ad essere il principale punto di passaggio per i migranti diretti in Europa. Per fermarli, il governo di Atene ha ora annunciato la costruzione di un muro. Sarà lungo 12 chilometri e mezzo e alto cinque metri il muro anti-immigrati che la Grecia si appresta a costruire ai confini con la Turchia, nella regione del fiume Evros vicino alla cittadina di Orestiada. “Il governo ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini ellenici e di coloro che vivono a norma di legge nel nostro Paese”, ha dichiarato la settimana scorsa il ministro della Difesa del cittadino (equivalente al ministero degli Interni ndr) Kostas Papoutsis. “Arginare il flusso degli immigrati che dall’Anatolia si riversano nell’Unione europea attraverso la Grecia è anche una prova del nostro senso di responsabilità verso Bruxelles”. Il progetto è già avviato: più che un muro di cemento, sarà una barriera di filo spinato sostenuta da una base fissa e da colonne in calcestruzzo. Il ministro ha escluso che il fil di ferro sarà attraversato da corrente elettrica, anche se ci saranno sensori in grado di segnalare tentativi di passaggio.

Il reportage di OBC

Vai al reportage “Evros, ultima porta per l’Europa

Evros

Bruxelles ha però subito espresso diffidenza e riserve riguardo alla decisione greca. “I muri o i reticolati sono misure di breve periodo che non permettono di affrontare in maniera strutturale la questione dell’immigrazione clandestina”, ha affermato il portavoce della commissaria Ue alla Sicurezza, Cecilia Malmström, spiegando come “la gestione delle frontiere è una questione tra Stati”, ma sottolineando come “in certi casi le frontiere nazionali sono allo stesso tempo frontiere dell’Unione europea”.

L’articolo dell’ Osservatorio Balcani e Caucaso continua qui

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2005 – Riporto qui come l’ho trovata,  l’interessante esperienza di un giovane sceneggiatore inglese in cerca di impiego nell’industria cinematografica da cui emerge come i fondi istituiti dal  Governo inglese e dall’Unione Europea non siano in realta’ elargiti ai piu’ meritevoli,  ma siano invece destinati a quote appartenenti a “minoranze etniche” poiche’ meno rappresentate.  L’autore di questo clip definisce questa una procedura di “discriminazione positiva”.  Il malcapitato sceneggiatore analizza nella seconda parte alcuni punti della “Discrimination Law” capovolge alcuni concetti: Positive Action = Strategic Discrimination, Positive Action = Diversity Propaganda. A quante altre surreali conseguenze portera’ il “politically correct” di questo passo?

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Il presidente di Eurasia Group e autore del libro “The End of the Free Market; Who Wins the War between States and CorporationsIan Bremmen,  analizza la situazione economica mondiale,  il ruolo della Cina nel salvataggio dell’euro ed il ruolo defilato che giocheranno gli Stati Uniti alle prese col rilancio dell’economia domestica e con problemi di politica interna;

Restando in tema, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha incontrato oggi a Washington il presidente americano Barak Obama per discutere del prossimo G 20 che si terra’ nel 2011,  definito dallo stesso Bremmen come il G-Zero per via della valenza storica del futuro evento:

In the G-Zero, the world’s major powers set aside aspirations for global leadership—alone, coordinated, or otherwise—and look primarily inward for their policy priorities. Key institutions that provide global governance become arenas not for collaboration but for confrontation. Global economic growth and efficiency is reduced as a result.  In 2011, as the interests of developed and developing states diverge, and as American, European and Japanese lawmakers split over the relative merits of stimulus and austerity, the biggest global plenaries will experience a breakdown of order. This is not simply a lack of coordination and progress; increasingly they will become for a political posturing at best (this month’s Obama-Hu Jintao summit; the world economic forum), conflict at worst (the Cannes G20, the IMF). During these meetings, markets will hold their breath, hoping they pass without incident.

Questi i  temi centrali che verranno discussi:  Europa,  cybersecurity e geopolitica,  China,  Corea del Nord,  controllo del capitale,  la stagnazione politica americana,  Pakistan,  Messico,  mercati emergenti. Di seguito l’analisi dello scenario che si prospettera’ al prossimo G 20.   Durante la breve conferenza stampa tenuta a Washington,  Obama ha sottolineato l’importanza di collaborare assieme per il rilancio dell’economia,  di portare avanti una politica comune verso l’Iran,  l’Afghanistan e l’Iraq,  la Costa d’Avorio,  il Sudan.  Sarkozy si e’ detto preoccupato per il l’escalation di violenza che ha portato all’attentato alla deputata Gifford e si e’ dichiarato convinto alleato degli gli Stati Uniti nella lotta al terrorismo in casa e all’estero.  “Le democrazie”,  ha continuato Sarkozy,  “devono difendersi dagli attacchi cui sono sempre piu’ soggette,  devono difendere i propri valori”.  Si dice  convinto del ruolo politico centrale che  gli Stati Uniti giocano  nel mondo  in quanto difensori dei valori democratici,  ma altresi’ persuaso della necessita’ di ripensare i rapporti economici fra gli Stati Uniti e il resto del mondo e  trovare nuove vie per rilanciare  l’economia e garantire  il benessere di tutti, tenendo presente che il mondo odierno non rispecchia piu’ gli equilibri stabiliti nel 1945.  Obama ascoltando queste parole ha sorriso molto meno;

Sarkozy rispolverera’ quindi la stessa proposta che avrebbe voluto presentare allo scorso G20  contenuta nel famoso rapporto Stiglitz-Fitoussi, in cui si propone di rivedere i parametri dei PIL nazionali  e che proprio su richiesta di Obama invece mise da parte.  Deutsche Welle riporta oggi in prima pagina il seguente articolo chiarendo bene quale sia la posizione francese in tema di economia Sarkozy urges less international reliance on US dollar.   Il messaggio portato da Sarkozy oggi e’ chiaro:  il resto del mondo vuole continuare a prosperare e non puo’ aspettare i tentennamenti di un’America alle prese con problemi di politica interna e incapace di continuare ad essere il motore dell’economia mondiale.

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Fears have been raised over an influx of Romanians into the UK after the country’s president said he could not guarantee its external border to the EU from illegal immigrants. Traian Basescu said that any delay in allowing Romania to join the Schengen agreement would see 271million euros in spending designed to tighten up border security frozen in protest. He claimed Romania had met all the technical requirements to join the agreement, which allows for EU citizens to travel across the Schengen zone without a passport. Mr Basescu said: ‘A delay is discrimination against Romania. Should we sit here like spineless worms as as some seem to suggest, or should we fight for the rights of the 22million Romanians who have the right to respect? ‘Romanians have the right to be in the Schengen zone. ‘The problem is not delaying access to the Schengen zone by several months. The problem is the act of the delay itself and the abuse it represents. ‘Either we are equal partners, or not. Today it happens to Romania and Bulgaria, tomorrow it could happen to any other state.’ He dismissed complaints that Romania had given citizenship to Moldovans. The country granted 5,585 citizenships in 2008, while France gave 137,320, The Netherlands 28,000 and Austria 10,268, according to Eurostat. Romania has set aside 271million euros for EADS security technology to secure its borders this year, but has threatened to suspend the money if there is no fixed term when the country can enter the Schengen zone.

Nota:  la Francia in particolare  prosegue quindi con una politica discriminatoria verso la Romania, trattandola come un partner inferiore,  offendendola sui media nazionali e imponendole di stipulare vantaggiosissimi contratti (vantaggiosi per la Francia) con sue aziende, si tratti della costruzione di infrastrutture o dell’acquisto di sistemi di sicurezza per il controllo delle frontiere.  Oltretutto va notato che la Moldova e’ storicamente un territorio appartenente alla Romania (le fu strappato dalla Russia) e che i Moldavi sono europei a tutti gli effetti,  mentre le cittadinanze elargite da Francia,  Olanda e Austria riguardano per la maggiorparte cittadini proveniente da paesi musulmani,  quindi extra-Ue.  La polemica si infiamma sempre piu’.

Fonte:  dailymail.co.uk

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The Platform of European Memory and Conscience e’ un gruppo di lavoro formato da rappresentanti di organizzazioni governative e non governative coinvolte nello studio delle informazioni sul passato totalitario europeo.   Nato nel novembre del 2008 per iniziativa del Czech Institute for the Study of Totalitarian Regimes,  include 19 istituti partner,  16 stati membri della UE,  Serbia ed Ucraina.  La Platform supporta le istituzioni partner e le loro attivita’ attraverso il coordinamento di  progetti internazionali,  scambio di documentazione relativa agli anni precedenti la caduta dei regimi totalitari,  la creazione di progetti educativi e scientifici per studiare e promuovere una comprensione ed una lettura europea “unitaria” del fenomeno Comunismo, Nazismo e Fascismo,  la pubblicazione e la traduzione nelle diverse lingue europee dei rislultati delle ricerche degli istituti partners del gruppo di lavoro.

Il primo importante traguardo raggiunto e’ stato l’adozione della Dichiarazione di Praga, che e’ stata la piattaforma da cui e’ nata la Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2009 su coscienza europea e totalitarismo.  La “Dichiarazione di Praga” raccomanda la creazione di un “Institute of European Memory and Conscience” che fungera’ da centro di ricerca europeo sullo studio dei totalitarismi e la crezione di un museo-memoriale delle vittime dei regimi totalitari.   Lo scopo dell’istituto sara’ quello di accrescere la consapevolezza degli europei sulla propria storia moderna comunitaria e commemorare assieme le vittime di questo passato sanguinoso.

Di seguito un interessante documentario girato a Praga nel 1977 dal famoso giornalista australiano John Pilger dal titolo; “A Faraway Country“.

Ulteriori info:

  1. Dichiarazione del Parlamento europeo sulla proclamazione del 23 agosto quale “Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo”
  2. Risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2008 sulla commemorazione dell’Holodomor, la carestia artificiale del 1932-1933 in Ucraina
  3. Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 su Srebrenica

 

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