L’uomo e’ dotato di un principio spirituale che ‘sacralizza’ la sua esistenza proiettandola verso realta’ eterne, oppure e’ solo ‘materia mossa’ da principi chimico-fisici e dall’istinto di sopravvivenza?
Prima di saltare questo post a pie’ pari, riflettete un attimo su questo:
mentre voi state considerando superflua o banale questa domanda, da qualche parte in giro per il mondo c’e’ un folto gruppo di gente (scienziati, filosofi, politici, uomini d’affari, editori etc) che sta elaborando per voi la risposta, una “Terza Cultura“, e che vi proporra’ le sue idee e le sue soluzioni tramite i piu’ svariati mezzi comunicazione. Perche’ tanto interesse intorno al concetto di anima e mente? Volete sapere quali ricadute avra’ questa risposta nel vostro quotidiano? Leggete il seguito del post per saperlo
BREVISSIMA PREMESSA STORICA
Questa e’ una di quelle domande che affascinano e interpellano l’uomo da secoli e su cui il dibattito e’ sempre acceso. Sappiamo che in Europa lo sviluppo della scienza e della tecnica e il progressivo allontanamento culturale, sociale e politico dalla Chiesa e dai suoi insegnamenti, hanno portato ad una crescente volonta’ di “liberazione” e riappropriamento della “dimesione terrena” di cui e’ stato promotore un “nuovo umanesimo” artistico, scientifico, politico e sociale. Nel 1700-1800 il Romanticismo e il Positivismo hanno segnato lo sviluppo umano e sociale in senso ‘spiritualista’ e ‘materialisita’ da fine 1700 in avanti. Gli europei non avevano abbandonato del tutto l’idea dell’esistenza dell’anima, infatti erano molto in voga lo spiritismo, l’occultismo e la magia come mezzi per investigare l’aldila’. Nelle arti il Romanticismo, un complesso movimento culturale con molte sfaccettature, di cui metto in evidenza qui solo quella “ribelle” e “visionaria” che voleva rompere con la tradizione (ma esiste anche quella ribelle che sente forte il legame con la tradizione classica: e’ il caso di Lord Byron), presentava l’immagine di un uomo nuovo, ribelle e inquieto, alla costante ricerca di se’ stesso, del senso ultimo delle cose, del senso del divino nella natura, un uomo che non si riconosceva piu’ nell’ordine sociale e politico del suo tempo. In letteratura fioriscono le poesie visionarie di William Blacke, Mary Shelley scrive “Frankenstein, or The Modern Prometheus” per denunciare le possibili conseguenze nefaste di certa scienza.
Nel 1800-1900 la ricerca scientifica approfondiva la conoscienza delle funzioni chimico-fisiche del corpo umano, la sua biologia, la sua anatomia e si affacciava mano mano l’idea che l’uomo fosse guidato esclusivamente da principi materiali ben determinati dalla sua natura fisica. L’investigazione del subconscio, espressa nella sua complessita’ in maniera eccelsa da autori come Virginia Wolf e Italo Svevo, stava portando pero’ una parte degli scienziati a sviluppare lo studio in senso prettamente ‘riduzionista’. Ricordiamo a tal proposito il libro “La Coscienza di Zeno“, in cui Svevo ironizza sulle teorie psicanaliste in voga. Ricapitolando, dal 1800 in poi lo spiritualismo e la fede religiosa vennero progressivamente sostituiti con la ‘fede scientifica’, che in quanto ‘pratica’, empiricamente osservabile e replicabile, venne ritenuta la sola bussola in grado di fornire spiegazioni certe sulla natura dell’uomo. L’esistenza dell’anima viene quindi progressivamente accantonata quando non addirittura apertamente contestata.
Sul versante politico, queste idee intrise di materialismo storico-scientifico si concretizzarono nel programma politico della Lega Comunista e vennero fissate da Marx ed Engels in “Das Kommunistische Manifest“. Secondo questa visione, l’intera storia sociale umana si puo’ spiegare come una perenne lotta di classe contro classe, razza contro razza, e via dicendo, lotta determinata dalla predisposizione stessa della natura umana. Il determinismo storico-scientifico di Marx ha introdotto un concetto pericoloso come giustificazione del suo programma politico: quello della ineluttabilita‘ degli eventi, che verrebbero determinati da una natura umana ”schiava” delle sue pulsioni, dell’istinto di possesso e prevaricazione, eventi quindi determinati da una natura umana biologicamente predisposta alla violenza. Il comunismo postula quindi la necessita’ di utilizzare la violenza per creare una societa’ giusta, in cui non esistano ricchi e poveri. Un pericoloso assunto che ha portato nel secolo scorso alla maturazione dell’ ideologia Nazional-Socialista e alla conseguente affermazione di regimi totalitari che avevano come premessa indispensabile per l’attuazione del loro piano politico, una adesione de-responsabilizzante del popolo alle idee di un leader di partito. Il “bene comune” e’ considerato il bene supremo, un bene universalmente valido perche’ in una societa’ di eguali non esistera’ piu’ il divario fra ricchi e poveri, si elimineranno disoccupazione e poverta’, si avra’ diritto agli stessi servizi etc. L‘invidia verra’ bandita dalla societa’ perche’ tutti possederanno le stesse cose in egual misura. Per ottenere il “bene comune” occorre “unirsi“, divulgare questa idea al pubblico in tutti i modi, “manifestare”, opporsi a chiunque la contesti (“¡El pueblo unido, jamás será vencido!”). La volonta’, la liberta’ e le aspirazioni del singolo non contano e vengono anzi considerate un pericoloso intoppo al conseguimento del “bene comune”. Per questo motivo chi “dissente” viene considerato un nemico della societa’. Cio’ motiva l’uso della violenza sia fisica che morale contro di essi (vedi il trattamento riservato ai dissidenti in Russia, Cuba, Cina, ex Germania dell’Est, Argentina etc) e i linciaggi a mezzo stampa ancora oggi di moda).
Questa visione materialistico-determinista della natura umana, e’ oggi messa in discussione da diversi storici, filosofi e scienziati che rivendicano invece la responsabilita’ dell’uomo nei confronti delle sue scelte e la sua capacita’ di sciegliere fra il bene e il male (vedi il lavoro della filosofa De Monticelli). Ed e’ questo forse, l’aspetto fondamentale dell’avversione del determinismo pessimistico scientifico e filosofico verso i credo religiosi e il cristianesimo in particolare, essendo questo un credo che oltre a postulare la sacralita’ della vita umana, ha fiducia nella capacita’ dell’uomo di scegliere cio’ che e’ bene per se’ stesso e per il suo prossimo, ad esempio il rispetto della vita e delle proprieta’ altrui, credendolo quindi capace di incidere positivamente sugli eventi storici personali e collettivi (“Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi“, Gv 15,9-17).
Agli inizi del ‘900 si ri-affaccia poi un’altra idea, che andra’ a legarsi pericolosamente col nazionalismo socialista di Hitler e di Mussolini: quella della eugenetica, cioe’ della selezione delle razze, di derivazione platonica.
La scienza “dell’allevamento umano”
(brani tratti dall’articolo di Massimo Ciceri “L’eugenetica e la politica”)
I problemi etici che la “nuova scienza” nel 1904 affrontava erano problemi antichi; aspetti peculiari – per lo più – di problemi filosofici ben più ampi e consistenti. Così la scienza delle “buone nascite” attinge e rimanda alle riflessioni sul rapporto tra virtù è bellezza, rimanda all’opposizione tra perfezione dello spirito e imperfezione della materia, alle riflessioni sull’idea di progresso umano (verso dove, e come?). Tuttavia, se la tensione dell’uomo al bello, all’armonico e al perfetto ha in qualche modo a che fare con l’eugenetica è piuttosto nella politica, nell’etica e nelle riflessioni sui poteri dello Stato che l’ortogenesi trova largo spazio (e le politiche razziali dei regimi totalitari del 900 lo dimostreranno…) Da questo punto di vista l’eugenetica ha un punto di partenza sicuramente inaspettato.
E’ in Platone, infatti – e le sue parole non lasciano equivoco – che per la prima volta il “razionale allevamento umano” viene indicato come strumento forte nelle mani dello Stato. E’ lo strumento quasi necessario alla repubblica dei filosofi per conservare la propria virtù e perpetuarla. Con mezzi assolutamente sbrigativi, peraltro: omicidio e segretezza.
Se dobbiamo tener conto – risposi – di ciò che abbiamo già ammesso, conviene che gli uomini migliori si accoppino con le donne migliori il più spesso possibile e che, al contrario, i peggiori si uniscano con le peggiori, meno che si può; e se si vuole che il gregge sia veramente di razza occorre che i nati dai primi vengano allevati; non invece quelli degli altri. E questa trama, nel suo complesso, deve essere tenuta all’oscuro di tutti, tranne che dei reggitori, se si desidera che il gruppo dei guardiani sia per lo più al sicuro da sedizioni».(Repubblica, V)
Le anticipazioni platoniche, è facile intuirlo, rimarranno a lungo tali.
“Eugenics is the study of agencies under social control that may improve or impair the racial qualities of future generations either phisically or mentally“
In questa frase, sull’American Journal of Sociology nel 1904, Francis Galton, cugino di Charles Darwin, sintetizza gli scopi della “nuova scienza” eugenetica. Galton si convinse, fin dal1869, che le qualità eccezionali degli uomini, il “genio” si trasmettessero prevalentemente per via ereditaria, in modo “puro”, senza variazioni dovute alla pressione della società o dell’ambiente e soprattutto fu sempre certissimo che il destino dell’animale uomo fosse quello di perfezionarsi nel senso della selezione naturale proposta dall’illustre cugino Darwin. Il miglioramento, però, procedeva irregolarmente e le qualità eccezionali, come frutti precoci, apparivano raramente e faticavano ad imporsi sulla “mediocrità” in un ambiente come quello umano dove la selezione naturale era stata “attutita” dalla civiltà. In più, le qualità eccezionali comparivano, scomparivano, da una generazione all’altra in maniera casuale. Le leggi di Mendel indicavano una regolarità ma sfuggivano alla verifica: Galton si convinse presto che per dare una mano alla selezione naturale, per far vincere le “elites” umane contro quella che lui chiamò legge di regressione verso la media – applicando il l’elementare “buonsenso” che gli allevatori inglesi usavano nell’allevare cavalli da corsa – occorreva “mappare” , isolare e proteggere i caratteri ereditari eccellenti. La mappatura genetica (un risultato conseguito solo all’inizio del XXI secolo) era ancora impensabile, ma Galton aveva già intuito la via.
Charles Darwin aveva considerato solo alla lontana la possibilità di manipolare la razza umana. Ma non l’aveva esclusa:
L’uomo investiga scrupolosamente il carattere e il pedigree dei suoi cavalli e dei suoi cani prima di accoppiarli. Ma quando si tratta del proprio matrimonio, raramente, o non mai, si prende questa cura…la ricchezza ed il grado sociale solo lo attirano grandemente…Eppure con la selezione egli potrebbe fare qualcosa, non solo per la costituzione corporea dei suoi figli, ma anche per le loro facoltà intellettuali e morali. Qualora fossero in grado evidente deboli di corpo o di mente, i due sessi dovrebbero stare lontani dal matrimonio. Ma queste speranze sono utopie che non si avvereranno mai, neppure in parte, finché le leggi della eredità non saranno pienamente note”
1912 – L’italia scopre la “nuova scienza”
Nel 1912 si apre a Londra il primo Congresso internazionale di Eugenetica, presieduto da Leonard Darwin. L’Italia invia una delegazione “sorprendentemente numerosa” al congresso. Sono nomi illustri: Corrado Gini, futuro “braccio destro” del Duce nella politica popolazionista, Giuseppe Sergi e Enrico Morselli, antropologo e psichiatra di scuola lombrosiana; e ancora il penalista Vincenzo Giuffrida Ruggeri, Achille Loria, intellettuale ed economista celebrato in vita come “il Marx italiano” Antonio Marro, psichiatra, Raffaele Garofalo, criminologo, il sociologo Alfredo Niceforo, presidente dell’Associazione italiana di antropologia, Roberto Michels, sociologo socialista e in seguito molto vicino a Mussolini… La scienza italiana, scontando come al solito il destino di “ultima arrivata”, si affannava a ostentare attenzione al tema, fiducia e ottimismo. Ma tra i sedicenti “eugenisti” vi era parecchia confusione, di proposte e di azioni. Erano incerte innanzitutto le basi scientifiche della nuova scienza: le leggi di Mendel venivano giudicate dubbie e messe in dubbio dalle ricerche di Haeckel e Spencer (in linea di massima lo schema di Mendel “funzonava”… ma il problema di cosa fossero e come trasmettessero i caratteri ereditari rimase un mistero fino alla pubblicazione dei lavori di Hunt Morgan del 1930.
Così il periodo 1912-1915 fu in Italia il tempo dei ‘pionieri’ dell’eugenetica: Corrado Gini, il più autorevole eugenista nostrano (fu presidente della SIGE, Società Italiana di Genetica ed Eugenica) diventerà il consigliere privilegiato di Mussolini negli anni ’30
Migliorare l’ambiente per migliorare l’uomo: la trasmissione ereditaria dei caratteri “migliorati” sarebbe venuta da sé. Sulla linea di Sergi anche Enrico Morselli, vide nell’eugenetica una via verso “l’uomo dell’avvenire“: ma non l’uomo astrattamente perfetto che aveva immaginato Nietzsche; un uomo reale, plasmato dalle regole positive dell’evoluzione. Eugenetica del destino: del destino dei singoli ma soprattutto del “destino” dei popoli e delle razze; ma anche eugenetica rispettosa della dignità dell’uomo non perfetto, poiché non si poteva stabilire il valore di un uomo in base alla sua utilità.
Il ‘materialismo storico-scientifico’ strizza l’occhio anche al concetto di “eterno ritorno“ molto in voga nel 1800, espresso dalla reincarnazione, una credenza derivante dalla cultura egizia e dall’induismo infiltratasi in occidente tramite Pitagora e i filosofi stoici e ripresa in tempi moderni da Herman Hesse, a Nietzsche. In campo scientifico l’influenza della filosofia vedica si riscontra negli studi di Nikola Tesla sull’elettromagnetismo (leggi: “The influence of Vedic philosophy on Nikola Tesla’s understanding of free energy).
Filosoficamente parlando, la reincarnazione si puo’ considerare una credenza de-responsabilizzante, in quanto presupponendo infinite possibilita’ di vita, libera l’uomo dal ‘peso di farsi carico di suo fratello‘, del cui futuro e benessere non e’ responsabile. Il ciclo vita-morte si ripete all’infinito, quindi ci si rassegna fatalmente alla propria condizione attendendo una ‘vita migliore’. Dal concetto di eterno ritorno deriva cosi’ l’idea dell’ ineluttabilita’ degli eventi di cui l’uomo sarebbe schiavo. Ed e’ per via di questa credenza religiosa, che l’India profonda, induista e povera, meno esposta all’influsso dell’occidente, lotta ancora oggi con una poverta’ estrema causata anche da un estremo lassimo. Non a caso Madre Teresa scelse proprio di vivere in questa terra dove spesso i morti vengono lasciati sui cigli delle strade nella indifferenza generale.
Nietzsche arriva a negare la sacralita’ dell’uomo affermando la “morte di Dio“, la fallacita’ dell’esperienza umana e il susseguente ‘nichilismo‘, l’impossibilita’ di dare un senso alla vita, affermando al contemp pero’, il suo diritto di autoaffermazione, la sua volonta’ di potenza e il suo impulso vitale, che si otterrebbero attraverso l’abbandono a uno ‘spirito dionisiaco‘.
Nel corso del 1900 si prosegue su questa via con ‘l’esistenzialismo‘ del nazista Heidegger, il ‘riduzionismo‘ della psicologia comportamentale radicale e disumanizzante dello psicologo e filosofo Skinner e del suo predecessore John Watson, secondo il quale l’unica possibilità per giungere ad uno studio realmente scientifico del comportamento umano, consisteva nell’elidere a priori il costrutto teorico di mente, per focalizzare la ricerca sperimentale solo sui comportamenti manifesti. Sigmund Freud (foto) indaga in maniera profonda la complessità dell’animo umano e in particolare le possibilità d’inganno o d’autoinganno della coscienza attraverso la ‘psicoanalisi’, negando che l’uomo abbia il controllo completo su se’ stesso e che agisca sempre consapevolmente, considerandolo invece vittima di ‘pulsioni subconsce’. Freud affermò l’impossibilità della fine delle guerre, in quanto l’aggressività, fondamento di ogni guerra, è radicata indissolubilmente nell’uomo e non puo’ essere controllata. Ecco tornare il tema della ineluttabilita’ degli eventi.
Nel 1900 e’ arrivato anche il ‘postmodernismo‘, il ‘decostruzionismo‘ di Derrida, il ‘surrealismo‘ di Dali e di Picasso (foto), il ‘relativismo’ e lo ‘scetticismo‘ di Wittgenstein, la ‘filosofia debole’ di Vattimo, etc. “Il relativismo è una posizione filosofica che nega l’esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva, secondo cui ogni cultura ha il suo proprio criterio, la cui validità comincia e finisce con esso” (Wikipedia). Numerose sono le voci che si sono levate per discreditare il relativismo dogmatico degli ultimi decenni che pretende di omologare culture e credenze, ed ha appiattito e fiaccato quando non inasprendo il dialogo civile, morale ed etico fra i diversi interlocutori. Da Marguerite Peeters, esperta in ‘international organizations, human rights, global cultural change and postmodernity’, autrice della inquietante inchiesta sull‘ONU intitolata “Hijacking democracy: The power shift to the unelected”, alla filosofa Roberta De Monticelli la lista dei detrattori del relativismo e’ lunga. Come non menzionare poi i numerosi appelli di papa Benedetto XVI?
Scienza e fede, insomma, «hanno una reciprocità feconda, quasi una complementare esigenza dell’intelligenza del reale» dice il Papa. «Ma, paradossalmente, proprio la cultura positivista, escludendo la domanda su Dio dal dibattito scientifico, determina il declino del pensiero e l’indebolimento della capacità di intelligenza del reale». Così «le molteplici scoperte, le tecnologie innovative che si susseguono a ritmo incalzante, sono ragione di motivato orgoglio, ma spesso non sono prive di inquietanti risvolti», dimenticando l’ «orizzonte trascendente» il pensiero «diventa debole» e «acquista terreno anche un impoverimento etico, che annebbia i riferimenti normativi di valore (Papa: «Senza amore la scienza perde nobiltà», dal Corriere della Sera)
LA SITUAZIONE ATTUALE: IHEU, THE LUNAR SOCIETY, TED, EDGE e LA “TERZA CULTURA”
John Brockman (foto) ricco e noto agente letterario di molti illustri scienziati (tra cui alcuni premi Nobel), presiede la Edge Foundation sorta per promuovere il futuristico “Progetto della terza cultura”, ideato da Brockman stesso. Edge.org e’ nata nel 1996 con lo stesso spirito del “The Reality Club,” che era il nome con cui Brockman si riferiva agli incontri informali fra intellettuali, artisti, scienziati, politici e uomini d’affari, che si erano tenuti dal 1981 al 1996 fra ristoranti cinesi, loft di artisti, nella stanza degli executives della Rockefeller University, nella ‘New York Academy of Sciences’, presso banche di investimento, sale da ballo, musei, salotti casalinghi etc.
Incontri a cui partecipo’ anche Arianna Huffington, direttrice del famoso quotidiano online Huffingtonpost, la quale venne poi fuori con il progetto “Move Your Money“.
Chi e’ Arianna Huffington?
(Nella foto: John Cusack, Bill Gates e Arianna Huffington)
Vediamo: “Huffington was born Arianna Stassinopoulos on May 15, 1950 in Athens, Greece. Her mother Elli was active in the Communist-led Greek resistance movement during World War II. Her journalist father Constantine edited the resistance newspaper Paron, survived internment in a Nazi concentration camp, and after the war became a publisher. When Arianna was 16 her parents divorced, and she and her younger sister moved with their mother to England. In England Arianna attended Cambridge University, where she studied Keynesian economics at Girton College and one of her tutors was the Maoist economist Joan Robinson. In search of spirituality, Arianna read the collected works of psychoanalyst Carl G. Jung. She introduced Levin (aTimes of London columnist) to an organization called Insight whose rituals encouraged followers to act out their fantasies. In 1980 Arianna moved to New York City. In 1988 she wrote a biography of Pablo Picasso, Picasso: Creator and Destroyer, which was the subject of a lawsuit from one of Picasso’s mistresses who Arianna had interviewed. While visiting California she met the man who remains her spiritual guide to this day, John-Roger (Hinkins), founder of a New Age church apparently spun off from the ECKANKAR cult teachings of Paul Twitchell. John-Roger’s Movement of Spiritual Inner Awareness (MSIA) is a faith based on “the Mystical Traveler, a spiritual consciousness that exists throughout all levels of God’s creation.” In Life 102 McWilliams described how Arianna Huffington, too, had been duped by John-Roger and had become a major contributor to, and an ordained minister of, MSIA. McWilliams released to the press a video of Huffington in a white robe being baptized by John-Roger. “I’ve gotten a lot of value from John-Roger’s work,” said Arianna Huffington. “He’s a good friend.”
In the United States, Arianna dated a variety of men. Among them were real estate tycoon and U.S. News & World Report Editor-in-Chief Mort Zuckerman and former California Governor Jerry Brown. Dole Pineapple CEO David Murdoch and his wife then introduced her to Texas oil millionaire Michael Huffington, who she married in April 1986 in a wedding ceremony financed as a gift by Ann Getty. In 1995 the new Republican Speaker of the House Newt Gingrich (uno dei candidati Repubblicani alla campagna presidenziale del 2012) helped make Arianna Huffington a senior fellow at his conservative think tank the Progress and Freedom Foundation, creating its “Center for Effective Compassion” (her name and idea) to advocate volunteerism as an alternative to the welfare state. Huffington’s relationship with Gingrich soured abruptly for reasons unexplained. Returning to California after her husband Michael was forced to give up his congressional seat when he ran for the Senate, Arianna quickly organized a quite different social scene around herself — consisting of media leftists like Harry Shearer, Bill Maher, Al Franken, and Los Angeles Times columnist Robert Scheer. Huffington continued to write books. Under her married name she wrote about her continuing spiritual exploration in Fourth Instinct: The Call of the Soul (1994). In 1997 the Huffingtons divorced. “She’s a chameleon,” Michael Huffington told the New York Times to describe his former wife. Since their divorce, Arianna Huffington’s political positions have shifted dramatically towards the left.
In 2000 Arianna Huffington was deeply involved in staging the “Shadow Conventions” designed as media propaganda shows to undermine Republicans and nudge Democrats farther to the political left. These mock “conventions” were organized by the “Shadow Party” organizations funded by George Soros and other wealthy leftists.
Ulteriori info su Arianna Huffington qui
Oggi numerosi filosofi, psicologi, storici, giornalisti, designers, magnati dell’Information Technology (di Google, Apple – Steve Jobs sembra essere addiritura sulla via della beatificazione – Bill Gates di Microsoft, Facebook, che recentemente ha lanciato sul suo sito la “funzione per donare gli organi” e il cui ideatore, Mark Zuckerberg, e’ stato il pupillo di Obama lo scorso anno, accompagnandolo in veste di moderatore a conferenze e incontri politici), magnati dell’editoria (Rupert Murdoch, Jeff Bezos di Amazon, Arianna Huffington), artisti (Peter Gabriel, John Cusack), economisti, biologi, neuroscienziati di successo (Pinker, Dennet, Dawkins), sostengono lo sforzo comune di promuovere un nuovo umanesimo naturale, che allontani dogmatismi e teismi e sappia rispondere alla domanda di spiritualita’ umana attraverso il progresso scientifico, che deve essere interdisciplinare, creativo e soprattutto divulgativo, globale. Essi si riuniscono annualmente alle cosiddette “cene dei miliardari“, Billionaires’ Dinner, per dibattere su temi precedentemente sviluppati per via telematica sulla omonima rivista Edge.org, la quale pubblica poi libri intorno ai concetti di ‘cultura’ e ‘mente‘ che divulga e promuove anche tramite realta’ come TED, nata proprio per tale scopo.
A proposito di divulgazione al pubblico, faccio notare che “Edge”e’ attiva anche in Italia. Il filosofo americano Alva Noë ha partecipato nel 2011 al Festival della Filosofia di Modena con una presentazione su “Coscienza e cervello” (il video del suo intervento: qui). Il sito del Festival lo introduce cosi’: “è professore di Filosofia presso l’Università della California a Berkeley. Si è occupato di teoria della coscienza e della percezione, giungendo a formulare una prospettiva degli eventi di coscienza che non si fonda sulla visione neuroscientifica del cervello, bensì sull’idea di un farsi della coscienza in rapporto con il mondo. Si è inoltre dedicato a studi sui rapporti tra le arti e le neuroscienze”. Fate una prova: se incappate in uno scienziato o un filosofo che tratta di “mind and body”, di “cosmo” e di “coscienza” ad esempio, digitate sul browser il suo nome e la parola Edge. Vedrete che spesso quei nomi sono presenti nel database della fondazione come ‘contributori’ e ‘divulgatori’.
La Telecom Italia ha accettato la nuova sfida della divulgazione elettronica lanciando il sito Biblet.it su cui vende e-book.
Se date un’occhiata alla sezione Saggistica-Filosofia del sito, vedrete che il focus dell’offerta e’ posto principalemente su Nietzsche, Dawkins (di cui parleremo piu’ avanti), Schopenauer, il fondamentale Platone e via lungo questa scia di pensiero. Ne la “Repubblica” come dicevamo, Platone oltre alla necessita’ di creare degli uomini di razza superiore, sia fisicamente che intellettualmente che sappiano dirigere bene la societa’, parla anche della necessita’ di distruggere i legami famigliari e tribali abolendo il concetto di proprieta’ privata, togliendo i figli alle madri e affidandoli ad altre famiglie per creare un senso di appartenenza sociale nuovo. A Sparta si porto’ avanti in qualche modo questa idea. Oggi Hollywood nel recente film John Carter, accenna a questa utopica societa’ in una subplot: il protagonista John Carter diventera’ il paladino della tribu’ marziana in cui vigono queste regole ‘platoniche’, decidendo infine di lasciare il pianeta terra per rimanere a vivere nella nuova utopica societa’ che ha contribuito a salvare dall’assoggettamento agli esseri maligni, su Marte.
Tornando a TED ed al suo ruolo di promulgatore del pensiero futurista, guardiamo questo clip propagandistico (certe cose si decidono proprio durante le “cene dei miliardari” immagino) tratto dal film PROMETHEUS di Ridley Scott, prequel del famoso Alien, in cui Guy Pearce durante la conferenza suTED 2023 parla di Prometo che ebbe il merito di rubare il fuoco ai Titani, scatenando la loro ira e delle incredibili scoperte scientifiche fatte nel XXII secolo: sembra proprio il Manifesto programmatico della Edge Foundation. Come dira’ in seguito Brockman: “Gli scienziati sono i veri intellettuali, perché solo loro ridefiniscono ciò che siamo e diventeremo“.
Dice Pearce nel clip seguente: “In this moment of our civilization, we can create cybernetic individuals, who, in just a few short years, will be completely indistinguishible from us. Which leads to an obvious conclusion: WE ARE THE GODS NOW… My name is Peter Weiland, and if you indulge me, I’d like to CHANGE THE WORLD“
A tal proposito leggiamo la proposizione del fisico teoretico e matematico Freeman Dyson apparsa su Edge, di cui e’ collaboratore, per una nuova era biologica: (articolo completo qui)
In the summer of 2009, in a talk at the Bristol (UK) Festival of Ideas, physicist Freeman Dyson articulated a vision for the future. He referenced The Age Of Wonder, by Richard Holmes, in which the first Romantic Age described by Holmes was centered on chemistry and poetry, while Dyson pointed out that this new age is dominated by computational biology. Its leaders, he noted, include “biology wizards” Kary Mullis, Craig Venter (leggi: CHANGING ONE SPECIES TO ANOTHER), medical engineer Dean Kamen; and “computer wizards” Larry Page and Sergey Brin, and Charles Simonyi. He pointed out that the nexus for this intellectual activity — the Lunar Society for the 21st century — is centered around the activities of Edge.
Dyson continued to articulate his vision for a new age of biology in a related review in New York Review of Books in which he wrote:
…a new generation of artists, writing genomes as fluently as Blake and Byron wrote verses, might create an abundance of new flowers and fruit and trees and birds to enrich the ecology of our planet. Most of these artists would be amateurs, but they would be in close touch with science, like the poets of the earlier Age of Wonder. The new Age of Wonder might bring together wealthy entrepreneurs like Venter and Kamen … and a worldwide community of gardeners and farmers and breeders, working together to make the planet beautiful as well as fertile, hospitable to hummingbirds as well as to humans.”
Indeed, Dyson was was front and center in August 2007, at “Life: What a Concept“, an Edge Special Event where he joined scientists Craig Venter, George Church, Robert Shapiro, Dimitar Sasselov, and Seth Lloyd. According to Sueddeutsche Zeitung, the event “was one of those memorable events that people in years to come will see as a crucial moment in history. After all, it’s where the dawning of the age of biology was officially announced.”
As a follow up to “Life: What a Concept”, the EdgeMaster Class 2009 featured a two-day course taught by the two leading genomic researchers in the world: George Church and Craig Venter. “A Short Course in Synthetic Genomics“ for a small group of scientists, entrepreneurs, cultural impresarios and journalists that included architects of the some of the leading transformative companies of our time (Microsoft, Google, Facebook, PayPal).
Con Dyson si parla quindi di genoma e della possibilita’ di influire sulla natura, di creare nuove specie etc.; si riprende l’eugenetica platonica.
Il motto della Edge Foundation e’ quello di ‘acquisire e diffondere conoscenza attraverso la ricerca empirica’, lo stesso principio che muoveva gli illustri membri della menzionata The Lunar Society di Birmingham, Inghilterra, padri della Rivoluzione Industriale fra cui: James Watt, Erasmus Darwin, Josiah Wedgewood, Joseph Priestly, and Benjamin Franklin, a cui Edge dichiaratamente si ispira. Questi riformatori sociali, scientifici e religiosi, molti dei quali massoni le cui idee erano intrise di ateismo, socialismo in nuce e contenevano i semi del Positivismo, si sono battuti per cambiare il mondo in cui vivevano e seminare le loro idee umaniste e scientifiche a beneficio della societa’. Priestly ha una storia particolare: era il piu’ sovversivo, il suo pensiero filosofico-scientifico intriso di determinismo materialista, di teismo millenarista e soprattutto di liberalismo e il suo supporto aperto alle Rivoluzioni Francese e Americana, gli costo’ caro: nel 1794 fu costretto a fuggire in America.
Oggi la Lunar Society e’ stata ricostituita, e’ nuovamente operante e conta fra i suoi sostenitori politici del Labour Party (il partito socialista inglese), fra cui lo stesso David Miliband, i quali si occupano di promuovere la visione multiculturale nella societa’ inglese: “to promote a wide range of equality issues, such as free speech, racial equality” ed hanno a cuore la “multicultural Britain” per “ensure that tomorrow’s leaders reflect our own rich ethnic mix“;
These are important issues for us in the Lunar Society, matching one of our strategic themes, Youth and Diversity and our wish to broaden debate and catalyse change in our multicultural society, and ensure that tomorrow’s leaders reflect our own rich ethnic mix. (Deirdre Kelly’s introduction of Trevor Phillips, a Londoner by birth, educated in Georgetown, Guyana, before studying chemistry at Imperial College London. He had a distinguished undergraduate career and became president of the National Union of Students from1978 to 1980.)
Qui occorre una doverosa precisazione prima di proseguire col discroso: l’idea di base della Edge Foundation non e’ affatto sbagliata, anzi, questa iniziativa aveva il nobile scopo di riallacciare un dialogo interdisciplinare fra scienza e filosofia, un dialogo compromesso dalle rispettive rigidita’ assunte dai due settori nel corso degli ultimi decenni, che ha avuto come conseguenza la prolissa moltiplicazione di libri che non facevano altro che riprendere temi gia’ trattati senza produrre nulla di nuovo, come dira’ piu’ avanti lo stesso Brockman. La controversia di questo progetto oggi pero’, riseide nella tendenza a indulgere in fantascientifiche proposizioni che, seppur utili per i futuri sviluppi tecnici e scientifici, hanno spesso la pretesa di scansare sempre piu’ il focus da un problema fondamentale, cioe’ dalla investigazione e dalla riflessione sulla esistenza di un principio spirituale nell’uomo e le sue implicazioni per la scienza.
Da un lungo articolo apparso sul sito DISF (Documentazione Interdisciplinare di Scienza e di Fede), la presentazione della Terza Cultura:
“Nel 1995 Brockman ha pubblicato una raccolta di saggi dal titolo “La terza Cultura. Oltre la rivoluzione scientifica“. Il libro, sorta di “manifesto” della terza cultura e “nuova” proposta di visione unitaria del sapere, è una raccolta di brevi saggi, scritti da noti scienziati americani [1] (fisici, biologi, psicologi, informatici e un filosofo), per la maggioranza clienti dell’agenzia letteraria di Brockman. Secondo l’autore sono infatti gli stessi scienziati i rappresentanti, autori e promotori di questa nuova “terza cultura”, da lui stesso proposta e definita nell’introduzione. Nel libro ogni autore di saggio presenta il proprio ambito di ricerca e le sue scoperte, spiegando il ruolo che occupa il campo in cui opera, come esso incida nella scienza contemporanea e, infine, in quale modo i suoi possibili sviluppi siano rilevanti per il futuro scenario globale, che ormai vede scienza e società strettamente legate.
Cosa si intende per “Terza Cultura”?
La definizione che Brockman dà nelle prime righe dell’introduzione è che «per terza cultura s’intende l’attività di quegli scienziati che sanno dire cose nuove e interessanti sul mondo e su noi stessi: che le sanno raccontare a un pubblico vasto, diffondendo la conoscenza oltre i confini angusti dell’accademia» (p. 7).
la terza cultura si configura come l’abbozzo di una nuova filosofia naturale, incardinata sui concetti di complessità ed evoluzione. Sistemi altamente complessi – come gli organismi, il cervello, la biosfera o l’universo – non rispondono al piano di una mente superiore; sono piuttosto il frutto di una lunga evoluzione» (p. 11).
Poche righe dopo Brockman precisa ancora meglio quale sia il contenuto della terza cultura: «le idee che presento sono di un genere speculativo: esse rappresentano le conoscenze di frontiera dei campi della biologia evoluzionistica, della genetica, dell’informatica, della neurofisiologia, della psicologia e della fisica. Queste discipline cercano di rispondere a domande basilari del tipo: Da dove viene l’Universo? Qual è l’origine della vita? Come nasce la mente?»
Secondo Brockman, la “terza cultura” è un progetto già in corso d’opera grazie ad alcuni grandi scienziati che hanno imparato a parlare al pubblico e a divulgare le loro grandi scoperte, sapendo spiegare a tutti le continue rivoluzioni scientifiche. La scienza può cambiare la vita di ciascuno quasi da un giorno all’altro e proprio per questo motivo essa cattura l’interesse diretto e pressoché completo del lettore medio, che vuole comprendere cosa stia succedendo e cosa succederà nel mondo che lo circonda. Attraverso i campi di ricerca più all’avanguardia, la scienza può adesso – secondo Brockman – spiegare molti misteri ancora irrisolti e tentare di rispondere agli interrogativi che da sempre l’uomo si pone. Per questo è necessario che gli scienziati diventino sempre più dei “pensatori pubblici” della terza cultura e, in modo diretto, o grazie alla mediazione dei giornalisti, spieghino al pubblico quello che stanno facendo, quale sia la realtà che la scienza sta scoprendo e in cui l’umanità vive. Si tratta dunque di un “passaggio epocale di consegne” da un gruppo di pensatori, i cosiddetti letterati, a un nuovo gruppo, gli scienziati in quanto «artefici della terza cultura» (p. 10).
La critica alle scienze umane e la “colpa” della filosofia: l’abbandono della metafisica
L’idea della terza cultura nasce come reazione e denuncia dell’atteggiamento della cultura umanista verso la scienza e gli scienziati, sviluppatosi nell’ ‘800 e ancora oggi presente tra letterati, filosofi e teologi. Gli umanisti, i filosofi in particolare, non avrebbero secondo Brockman dimostrato un adeguato interesse per la scienza e la tecnica, avendo preferito tenersene distanti, quasi disprezzandole e non prestando loro attenzione perché ritenute attività di minor pregio e di bassa utilità, senza valore o rilevanza. La filosofia viene accusata di non essersi occupata della scienza, e quindi, di aver ignorato una parte fondamentale del mondo attuale. La filosofia sembrerebbe essersi persa dentro sé stessa… La filosofia analitica, ad esempio, viene biasimata per essersi progressivamente concentrata in analisi linguistiche e logiche, che l’avrebbero portata molto lontana dalla scienza, dalla quale essa ebbe in certo modo origine. Anche l’epistemologia contemporanea, intesa come teoria della conoscenza, è un tipo d’indagine che si avvicinerebbe oggi sempre più alle scienze cognitive, allontanandosi così dalla riflessione sulla scienza odierna e le sue implicazioni.
Nei secoli XIX e XX la filosofia ha certamente attraversato, e tuttora può ancora attraversare, una certa crisi d’identità dovuta anche alle difficoltà incontrate nel comprendere il ruolo e l’impatto della scienza e della tecnica, mancando pertanto nel proporre visioni d’insieme che potessero offrire ad esse uno spazio adeguato. Il punto in questione è che Brockman ha percepito questa difficoltà e la sua proposta incarna pertanto una reazione degli scienziati, abbandonati dalla filosofia o allontanatisi da essa.
L’accusa dell’autore è evidente: «una formazione su Freud e Marx non è più sufficiente* negli anni Novanta.
In un certo senso, gli intellettuali americani sono sempre più reazionari […], non amano la scienza e in genere tutto ciò che è empirico e verificabile; usano un loro gergo e s’inventano dispute che solo loro sono in grado di apprezzare. Scrivono libri che hanno per oggetto altri libri e così via, in una spirale di commenti senza fine, fino a che della realtà in carne ed ossa non resta che una vaga traccia» (p. 7). Doyle Farmer, uno degli autori di un saggio, afferma e testimonia il rigetto nei confronti della filosofia da parte degli scienziati, giustificandolo, dal momento che la filosofia in questo secolo è diventata una «roba deprimente» (p. 19).
Per tale ragione, in certi ambienti scientifici si sono progressivamente affermati il razionalismo, lo scientismo, ma anche il relativismo e il nichilismo, che hanno portato la scienza ad assumere posizioni piuttosto chiuse, contrarie al dialogo con la parte umanista, autosufficienti nella propria affermazione di superiorità, quasi di supremazia**.
**Per globalizzare certe idee occorre quindi che scienza e filosofia non si combattano, bensi’ formino una “terza via” che le accomuni nella stessa battaglia
La terza cultura come nuova filosofia naturale
Ad una più attenta riflessione la terza cultura non si presenta soltanto come una sintesi o una nuova proposta per conciliare o unificare le due culture, umanistica e scientifica, ma rappresenta piuttosto una forte riproposizione della cultura scientifica, innalzata a nuova (e vera) filosofia naturale, la sola degna di essere considerata e di essere divulgata al “pubblico”.
Conclusioni: una cultura rinnovata
Il libro di Brockman, accolto anche in Italia con interesse e con un certo plauso, può forse esaminarsi in questa prospettiva: è un altro segnale che vi è la necessità, la richiesta forte di una riflessione sulla scienza, che proviene anche dagli scienziati, portati naturalmente a sollevare quesiti che ritengono importanti non solo per loro stessi, ma per tutta l’umanità (che, tra l’altro, non può essere ridotta a mero “pubblico” ma che è, insieme, autore e attore protagonista della scienza stessa, e non suo semplice “spettatore”). Possiamo prendere come esempio della necessità di una seria e profonda riflessione sulla scienza quanto afferma Hillis proprio nell’ultimo saggio del libro, quasi alla sua conclusione: «siamo come amebe che non capiscono in cosa diavolo si stanno trasformando. […] se cerco d’immaginare quale direzione prenderà la tecnologia nei primi anni del prossimo secolo, vedo che avrà luogo qualcosa d’incomprensibile […] forse lo sviluppo delle tecnologie ci fonderà in un organismo globale***. Lo so, queste previsioni hanno il sapore di un misticismo, e invece mi sembrano del tutto ragionevoli. Da qui a cinquant’anni avverrà qualcosa di imprevedibile e ciò mi riempie di sgomento. E di curiosità» (p. 348).
La lettura del volume, ha, dal canto suo, il pregio di far riflettere sulla necessità di elaborare una “nuova” cultura che realmente sia in grado di soddisfare le necessità integrali dell’essere umano, certamente immerso nel mondo scientifico, ma che porta con sé e in sé anche altre esigenze e altre aspirazioni, che non possono trovare le loro risposte nel metodo e nella prassi delle scienze.”
* e *** “Oggi Freud e Marx non sono più sufficienti. Certo che no. Oggi il filone materialistico-deterministico storico-scientifico per rilanciare una sinistra 2.0 in versione High-Tech, deve puntare sul GLOBALISMO e sul BENE COMUNE, la cui validita’ e bonta’ devono essere propagandati e considerati bene incontestabile per l’intera umanita’. Forse queste belle parole e buoni propositi servono solamente a diffondere in maniera capillare idee nate in ristretti circoli altolocati in cui la gente e’ accomunata dalle stessa spesso folli motivazioni, che vengono poi diffuse capillarmente per far entusiasmare lo ‘spettatore’ che diverra’ poi seguace fedele e consumatore finale di questa nuova visione e soprattutto dei nuovi prodotti tecnologici. Certo e’ vero che la sete di rinnovamento culturale e’ oggi piu’ che mai palpabile, ma la questione dell’ anima rimane comunque centrale in questa cornice e verra’ fuori sempre piu’, secondo le mie previsioni.
Alcuni di questi pensatori sperano espressamente di affrancare una volta per tutte l’uomo da Dio, insistendo sulla inesistenza della mente, o dell’anima, cioe’ di un principio divino spirituale immateriale capace di influire sulla nostra vita. L’uomo sarebbe guidato esclusivamente dai processi chimico-fisici che avvengono nel suo cervello. Questa e’ una posizione radicalmente determinista e democritea (materialista) del soggetto ‘uomo’. Daniel Dennet e Richard Dawkins in particolare (foto) fanno anche parte della International Humanist and Ethical Union (IHEU), una ONG che rappresenta l’Unione degli Umanisti Atei a livello mondiale che gode di uno speciale status di consulente per i Diritti Umani presso l’UNESCO. Fondata nel 1951, ha visto fra i suoi promotori niente popo’ di meno che Julian Huxley, biologo evoluzionista, primo direttore dell’UNESCO, fra i fondatori del WWF, membro della Eugenics Education Society (che si occupa del controllo delle nascite e delle tematiche legate alla sovrappopolazione mondiale), fratello dello scrittore Aldous Huxley, autore del famoso libro di fantascienza “Brave New World“, il cui nonno paterno era amico di Charles Darwin.
Ecco un’altra intervista rilasciata da Brockman a La Stampa:
“Gli scienziati sono le uniche persone felici, quando spalancano gli occhi al mattino. Questa è una tipica frase alla John Brockman e lui la pronuncia a metà della conversazione, quando la foga l’ha spinto a spiegare l’immensa superiorità della scienza su ogni altro saperee la necessità di ascoltaregli scienziati su tutto lo scibile, dall’immaterialità di un sentimento al funzionamento implacabile di un gene. «Sono loro a incarnare la Terza Cultura. Sono i veri intellettuali, perché solo loro ridefiniscono ciò che siamo ediventeremo”.
Lei ha battezzato questi protagonisti «Nuovi Umanisti». Cosa significa?
«Sono persone che considerano il mondo un’entità conoscibile e producono
idee e le testano in ogni area senza piegarsi a presunte autorità superiori, accumulando sapere attraverso sfide successive e comunicando da individuo a individuo al di fuori delle limitazioni delle scuole e degli -ismi. Non riducono le proprie indagini ai dati biologi e fisici, ma allargano il raggio d’azione e lo connettono all’arte, alla storia, alla politica e a tutti i prodotti della mente, che è l’espressione del cervello, il quale è organizzato dai geni, i quali a loro volta sono stati selezionati dall’evoluzione. Cambiano così gli oggetti da studiare, ma lo stile resta il medesimo e questo permea ormai la cultura collettiva».
A questo punto faccia qualche nome.
«Gloria Origgi del “Centre Nationale de la Recherche Scientifique” di Parigi, i cui campi sono la filosofia della mente, l’epistemologia e le scienze cognitive applicate all’hi tech. Rebecca Goldstein, romanziera, psicologa e filosofa o, cora, lo scrittore Ian McEwan e il musicista Brian Eno. Sono la dimostrazione che la cultura è diventata una sola e – se si vogliono usare i toni trionfalistici di un grande delle scienze cognitive come Daniel Dennett – “la scienza ha vinto”».
E’ questa forse, belle parole a parte, la speranza di cotante eccelse menti: l’avvento di una globalizzazione scientifica? E il posto e il ruolo dell’uomo comune in tutto cio’ dove sarebbe? Siamo sicuri che la scienza sia la risposta ai mali e ai bisogni dell’uomo?
CHE FINE HA FATTO L’ANIMA?
Nell’ultimo decennio in risposta ai progetti futuristici fantasticati da neuroscienziati e ‘filosofi della mente’ affetti da riduzionismo acuto, si e’ andata formando un’altra scuola di pensiero piu’ aperta e possibilista nei riguardi dell’esistenza dell’anima. E’ il caso del Myrna Brind Center for Integrative Medicine presso il Thomas Jefferson University Hospital and Medical College, in cui lo specialista di medicina nucleare Andrew Newberg, considerato un pioniere degli studi neuroscientifici delle ‘esperienze religiose’, la cosiddetta “neuroteologia“, porta avanti ricerche scientifiche in tal senso. Ha pubbllicato un libro “Perche’ crediamo in cio’ che crediamo?“, in cui propone un nuovo modo di guardare alle credenze, religiose e non, per capire come e dove nascano, come evolvano e in che modo influenzino la nostra vita. Un credo religioso puo’ portare a conseguenze positive e ad atteggiamenti costruttivi, oppure ad esiti negativi e a conseguenze nefaste sia per il singolo che per la societa’. Un credo puo’ anche aiutare a guarire da malattie gravi. Durante la sua ricerca, Newberg ha anche monitorato l’attivita’ cerebrale di religiosi e non religiosi in atto di preghiera, di meditazione e durante le manifestazioni del “discorso in lingue”.
Newberg e’ persuaso a differenza di Dawkins ad esempio, che i meccanismi che regolano le nostre credenze religiose, sociali ed individuali sottolineando come l’essere umano sia costantemente alla ricerca del “senso” della sua vita, e di come il nostro cervello sia in tal modo in grado di creare e mantenere un sistema di credenze o punti di riferimento che ci aiutano ad orientarci nella vita, trascendendo il mero istinto di sopravvivenza. Secondo Newberg questo sistema di riferimento e’ l’humus del nostro codice morale ed etico; ci aiuta a migliorare le nostre relazioni interpersonali, ad espandere la nostra coscienza sociale ed ecologica.
Sulla stessa scia il lavoro di ricerca del neuroscienziato Mario Beauregard, che non aderisce alla predominante severa interpretazione materialistica della mente umana. Secondo lui molti scienziati sbagliano a limitare cosi’ il loro campo di ricerca sforzandosi di spiegare le attivita’ mentali come mere funzioni chimiche del cervello trascurando inoltre il piu’ vasto orizzonte in cui e’ immerso l’uomo, cioe’ l’universo. Nel suo tomo “The Spiritual Brain. A Case for the Existence of the Soul“, si parla fra l’altro, dati alla mano, dei risultati del suo studio scientifico effettuato su alcune suore Carmelitane durante la contemplazione e la preghiera, dati che comproverebbero l‘origine immateriale delle stesse. Le alterazioni della corteccia cerebrale generate dall’attivita’ meditativa quindi, secondo Beaurgerad, non sono docute a processi chimici che avvengono nel cervello, ma all’interazione con una forma di coscienza “piu’ alta”, estranea al soggetto orante. Egli non intende con cio’ affermare di avere provato empiricamente l’esistenza di Dio, ma ribadisce di avere la prova scientifica perlomeno dell’esistenza di una “coscienza universale” che interagisce con l’uomo, che la mente agisce sul cervello e non e’ una funziona di esso.
Beauregard analizza poi i facili entusiasmi e i proclami di quegli scienziati che affermano di avere creato un dispositivo elettromagnetico che posto sul capo induce ‘esperienze mistice’, il cosiddetto “God helmet” , proprio come nel film di fantascienza “Strange Days“, biasimandone la pretesa di ridurre un’esperienza umana cosi’ personale e spirituale a mero fenomeno materiale. Molti scienziati ancora si ostinano a dichiarare il mondo materiale come l’unica realta’ sperimentabile dall’uomo, rinunciando a investigare la immaterialita’ della mente umana a cui si devono effetti immateriali ma reali che influenzano la nostra vita, come le intuizioni, la volonta’ di fare o non fare una data azione, le conversioni di fede che producono drastici cambiamenti di vita, le premonizioni, gli ‘effetti placebo’. Cosa dire inoltre delle “near death experiences”?. La scienza tradizionale si riferisce a questi eventi come a “illusioni” della mente, come sistemi meccanici di difesa che la mente opera per salvaguardare la sopravvivenza della persona. Invece pare non sia cosi’, Beauregard rifiuta la teoria riduzionista del “gene di Dio“, che specula che alcune persone abbiano una naturale predisposizione genetica verso le esperienze religiose. Inoltre rifiuta l’assunto della mera funzione adattativa della esperienza religiosa, esperienza che scaturirebbe da processi chimici del cervello per facilitare l’adattamento ambientale dell’uomo. In sostanza la mente secondo il neuroscienziato canadese, non sarebbe affatto una illusione creata dal cervello e in accordo con Newberg, afferma inoltre che: “We do have will power, consciousness, and emotions, and combined with a sense of purpose and meaning, we can effect change.” (Intervista integrale con Mario Beauregard)
In Italia Vito Mancuso, un teologo noto ai piu’ direi, si e’ occupato di “anima” dal punto di vista filosofico e laico nel suo libro “L’Anima e il suo Destino” risquotendo un notevole successo.
Il principale obiettivo del libro consiste nella fondazione del concetto di anima e della plausibilità della sua immortalità. Tale fondazione viene intrapresa di fronte alla coscienza laica, cioè a quella dimensione della coscienza, presente in ogni uomo, che ricerca la verità per se stessa. Ciò che il lettore guadagna leggendo L’anima e il suo destino è la possibilità di pensare razionalmente il concetto di esistenza personale dopo la morte, che viene così strappato al fideismo cui oggi è affidato. L’opera si può suddividere in tre parti. La prima parte (capitolo 1) presenta il metodo argomentativo che caratterizza la teologia di Vito Mancuso, un metodo che esclude ogni ricorso al principio di autorità per basarsi invece sul principio del logos, unica condizione per sussistere di fronte alla coscienza laica e soprattutto per sostenere legittimamente la pretesa teologica di parlare nel nome della verità. La parte finale del capitolo istituisce il problema contenutistico cui il libro intende dare una risposta, cioè la domanda sulla possibilità di una vita oltre la morte, mostrando la situazione aporetica nella quale si trova oggi la teologia. La seconda parte (capitoli 2-4) costituisce il cuore del libro. I tre capitoli affrontano il tema dell’anima mostrandone l’esistenza, l’origine e la possibilità di immortalità. L’anima viene pensata a partire dal basso, e non, come solitamente avviene in teologia, a partire dall’alto in quanto creata direttamente da Dio e poi infusa nel corpo. L’anima pensata dal basso corrisponde al principio della vita, a ciò che differenzia un corpo animato da un corpo inanimato. Partendo dal presupposto che tutto l’essere è energia e che quindi tutti i corpi che partecipano all’essere sono in continuo movimento, l’autore si chiede perché un sasso esteriormente non si muove, mentre un corpo animato sì. Risponde che tale differenza si può esprimere col dire che l’energia che costituisce il corpo inanimato del sasso è interamente concentrata nei legami che determinano la sua conformazione materiale (energia = massa del corpo), mentre l’energia che costituisce un corpo animato eccede la conformazione materiale: energia totale > massa del corpo. Questo surplus è ciò che rende possibile il movimento che è la vita, ed è ciò che il pensiero umano fin dalle sue origini ha chiamato anima (riferimenti al pensiero egizio, indù, greco). La differenza di energia libera all’interno dei corpi viventi cresce parallelamente al livello qualitativo della vita, per cui si può parlare (seguendo il De animadi Aristotele, la filosofia di Hegel e lo specifico apporto del cristianesimo) di cinque diversi livelli di anima:
– anima vegetativa (anche le piante hanno un’anima);
– anima sensitiva (anche gli animali hanno un’anima);
– anima razionale (è il livello della mente umana);
– anima spirituale (lo spirito quale forma più elevata dell’essere);
– anima spirituale santa.
Di particolare rilievo è la differenza tra “spirito” e “spirito santo”, perché, a differenza di Hegel, si individua nello spirito la suprema dialettica, essendo esso al contempo sia l’origine del bene sia l’origine del male in quanto corruzione del bene. Per questo è necessario distinguere tra lo stadio dell’anima spirituale (capace di generare anche i profondi abissi del male, anzi i grandi peccatori sono proprio gli spiriti più spiritualmente raffinati) e lo stadio dell’anima spirituale santa che si caratterizza per volere sempre e solo il bene.
Nel capitolo terzo dedicato all’origine dell’anima viene sostenuta analiticamente la provenienza dell’anima dal basso, dalla stessa logica dell’essere, mentre vengono criticate le prospettive che all’opposto la pensano proveniente dell’alto, tra cui la visione tradizionale del cattolicesimo e in genere i sistemi che sostengono la preesistenza delle anime, come il platonismo e le religioni orientali con la loro idea della reincarnazione secondo la legge del karma. Il capitolo si conclude con un breve passaggio sull’embrione umano, al quale, essendo innegabilmente vita, viene riconosciuta l’anima, presente a livello vegetativo, mentre il livello sensitivo sarà raggiunto dopo le due settimane con la nascita del sistema nervoso, e il livello razionale solo qualche anno dopo la nascita.
L’immortalità dell’anima personale, oggetto del capitolo quarto, non viene pensata come legata a un evento del passato quale la risurrezione di Cristo, né in genere viene ricondotta a un atto unilaterale da parte di Dio in contraddizione con la logica della natura votata alla morte. Esattamente al contrario, per sostenere l’immortalità dell’anima si presenta un’argomentazione cosmologica: si afferma che la logica ordinata che ha guidato la natura a generare la vita a partire dagli informi gas primordiali dell’inizio, è essa stessa in grado di introdurre chi l’abbia riprodotta in sé in una nuova dimensione di vita, necessariamente discontinua rispetto alla configurazione attuale della vita legata alla materia. Questa discontinuità acquista una fondata ragionevolezza laddove si consideri il cammino dell’essere, dal Big Bang allo stato attuale del mondo umano, un cammino caratterizzato a sua volta da ben quattro discontinuità:
– dal puntino cosmico primordiale alla vastità della materia;
– dalla materia inanimata alla vita;
– dalle prime forme di vita alla complessità dell’intelligenza;
– dall’intelligenza autoreferenziale alla dedizione gratuita verso il bene e la giustizia.
Non c’è una continuità logica tra i passaggi evidenziati, che però sono avvenuti (il quarto avviene ancora oggi), e sono avvenuti sempre nella direzione di un ordine crescente, di un aumento dell’informazione e della complessità, vincendo l’intrinseca tendenza al disordine di ogni sistema chiuso. Se per spiegare questa vittoria contro l’entropia non si vuole far ricorso a interventi miracolosi dall’esterno, come nel libro non si intende minimamente fare, si deve concludere che è l’essere stesso a contenere questa intrinseca tendenza verso l’ordine e la complessità, è l’essere stesso a risultare orientato alla vita. Alla luce di ciò si ritiene che non sia irragionevole pensare che il singolo uomo, se riproduce in sé la medesima logica ordinatrice che è alla guida del cosmo (relazioni simmetriche che legano tra loro le particelle subatomiche a formare l’atomo, e poi gli atomi a formare molecole e così via fino ai più alti livelli dell’essere, tutti caratterizzati dall’equilibrio e dalla simmetria delle relazioni, e che a livello umano si chiama “giustizia”), possa ottenere lo stesso risultato che questa logica ha raggiunto, cioè la vita.
È razionalmente legittimo pensare una continuazione della vita che, producendo nel cammino dell’essere una quinta discontinuità (ma sempre nella medesima direzione orientata verso una crescita dell’organizzazione), presenta una modalità di vita senza supporto materiale, vita come puro spirito, portando a compimento quel cammino di “indipendenza” dell’energia dalla massa iniziato con le prime forme di vita e che nelle creazioni spirituali dell’umanità trova come delle anticipazioni.
Bene, per oggi mi fermo qui. Alla prossima
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